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26 Ottobre 2022
Coldiretti Siena, senza pioggia grano a rischio in Provincia di Siena

Il caldo record e l’assenza di pioggia mettono a rischio le semine di grano nei terreni induriti da
un 2022 anomalo in cui si registrano precipitazioni ridotte di 1/3 anche se più violente. E’ quanto
afferma la Coldiretti in riferimento al gran caldo anomalo su tutta la Penisola in un 2022 che si
classifica peraltro fino ad ora in Italia come il più caldo mai registrato dal 1800 con una temperatura
addirittura superiore di quasi un grado (+0,96 gradi) rispetto alla media storica secondo Isac Cnr nei
primi 9 mesi dell’anno.
Una situazione preoccupante – sottolinea la Coldiretti - dopo che nel 2022 la produzione di grano
duro in Italia è stimata in 3,8 milioni di tonnellate in calo del 5% nonostante l’aumento delle
superfici coltivate che sono passate a 1,24 milioni di ettari nel 2022 contro 1,23 milioni del 2021.
Anche in Provincia di Siena questa situazione preoccupa un settore molto importante in termini
numerici. La produzione di cereali del senese infatti rappresenta 1/3 di quella Regionale con
circa 1.200.000 quintali all’anno di prodotto. Sono circa 3000 le imprese cerealicole attive, con
circa 13 mila addetti impiegati.
Ma nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche – precisa la Coldiretti – per i parassiti che
sono rimasti attivi con le temperature miti e attaccano più facilmente le colture ancora in campo,
come avviene peraltro nelle città dopo sono ancora diffuse zanzare e mosche. Una conferma del
cambiamento climatico in atto con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più
elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense
ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che compromettono le
coltivazioni nei campi con perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle
infrastrutture nelle campagne che quest’anno – conclude la Coldiretti – superano già i 6 miliardi di
euro dall’inizio dell’anno, pari al 10% della produzione nazionale.

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